giovedì 9 febbraio 2017

Cosa fare se il tuo chihuahua delimita il territorio attorno ai pancake.

Quel tovagliolo verde a pois è lì solo per ingannarvi
Amici a quattro zampe e amici degli amici a quattro zampe, benvenuti su Orrori da Mangiare, il blog che a volte fa fatica a conquistare la stazione eretta.




Nelle escursioni alla ricerca di nuovi ingredienti che possano soddisfare le nostre fauci arse dalla sete di cultura, ci siamo imbattuti con attonita curiosità nella farina di riso venere.
Col riso venere abbiamo già ampiamente familiarizzato in passato, quindi ora stringiamo la mano alla farina da esso derivante.

Di colore marrone simile al cioccolato, nel suo impiego in cucina, la farina di riso venere tende a trasformare tutti i prelibati manicaretti che la contengono in orripilanti derivati della torba. E qui nasce l’increscioso equivoco che vedrà protagonista il piccolo Gonzalo, mite chihuahua appartenente alla signora Casalotti, cuoca provetta, assillata di recente dal desiderio di assaggiare qualcosa di gluten free.


Di buon mattino, la nostra si reca al supermercato e scorge nello scaffale bio/senzaglutine il famigerato pacco di farina di riso venere, venduto in comode confezioni da 250 gr, alla modica cifra di 'troppo'.

Decisamente caro, ma per IL BLOG (rumore di tuoni) ogni tanto si può fare una follia.

La signora Casalotti entra tronfia in casa come se avesse appena tagliato per prima il traguardo della maratona di New York e decide. Sì, decide che da quel risicato montarozzo di farina ne avrebbe tratto dei pancakes, per offrire alla famiglia una colazione alternativa e salutare.

L’indomani si sveglia pimpante e friccicarella cominciando a spadellare le sue focaccine di fango, e canticchiando allegramente un orrendo motivetto. Le impila, come fanno gli ammericani, apparecchia la tavola con simpatiche tovagliette (comprate come set da bidè ma riadattate per l’allegrezza della tavola) e gira incautamente le spalle al suo quadrupede d’affezione, per mettere su la caffettiera.

Il mite Gonzalo, galvanizzato dal profumino di cibo, balza sulla tavola imbandita e si appropria del piatto, delimitandone il perimetro come solo i cani sanno fare, dato che la Casalotti, distratta dalla novità culinaria, quella mattina si dimentica di portarlo ad orinare.

La nostra entusiasta eroina appronta il caffè, si gira verso la sua opera d’arte e caccia un urlo. Con uno scatto degno di Neo in Matrix, ma senza effetto ralenti, afferra la macchina fotografica compatta di battaglia che usa per immortalare le ricette e scatta, prima che il maleodorante liquido inizi a lambire i suoi poveri pancake.

Il post è salvo, la colazione no. È dura la vita di una foodblogger, talvolta è fatta di priorità da stabilire in fretta, in pochi decimi di secondo.

(Quant'è mite Gonzalo)

(_chico)

                           






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